Dalla rivista Transmitter, ed. agosto e settembre 2025, Freies Sender Kombinat
Il processo contro Maja continua a Budapest. Le informazioni in merito si trovano sul sito dei collettivi antifascisti solidali di Budapest: basc.news. Da inizio giugno Maja si trovava in sciopero della fame contro le condizioni detentive, che ha interrotto dopo 40 giorni per il grave pericolo di collasso degli organi interni. Maja ha argomentato la propria scelta come segue: “Non sono ancora pront* a fare il passo verso la morte imminente. Certo, potrebbero volerci ancora giorni,
forse settimane. Ma se dovessi perdere conoscenza, avrei un debito nei confronti delle persone che combattono al mio fianco, un debito che non sono pront* a gravare su nessuno. Così come non sono pront* a sottopormi a misure coercitive.”
A fronte di una serie di scioperi della fame passati dei/delle prigionieri/e politici/che antifascisti/e, che spesso hanno prodotto martiri per il movimento militante e sono stati strumentalizzati a fini propagandistici, bisogna chiedersi se questo porti effettivamente ad una liberazione. Questo è un argomento con cui i futuri attivisti/e dovranno confrontarsi se dovessero scegliere di rischiare la propria vita in questo modo. Nonostante lo sciopero della fame possa non portare immediatamente ad un miglioramento delle condizioni di detenzione, sicuramente ha destato in Germania in concomitanza con azioni solidali (come la grande manifestazione a Jena a metà giugno), un’attenzione mediatica che ancora non si era vista. In particolare, l’impegno del papà di Maja che ad inizio giugno ha intrapreso una marcia di protesta da Berlino e che attualmente si trova sulla strada per Budapest, ha portato al fatto che non solo i media di sinistra abbiano iniziato a parlarne, ma che anche deputati dell’SPD come Falko Droßmann (deputato parlamentare di Amburgo) si siano espressi sul caso e che il Ministro degli Esteri tedesco abbia conferito con le istituzioni ungheresi sullo stesso. Può sembrare poco, ma considerando la politica intrapresa in passato dal parlamento tedesco riguardo alle persone prigioniere politiche antifasciste detenute all’estero, è un grande traguardo. Un traguardo che si basa sull’opinione della Corte Costituzionale tedesca che ha definito l’estradizione in Ungheria di Maja illegale.
Il crescente interesse per la situazione di Maja non ha impedito alla magistratura tedesca di adottare misure severe contro altre persone antifasciste incriminate di aver preso parte ai fatti di Budapest.
A metà giugno alla corte d’appello di Düsseldorf il Procuratore Federale Generale ha avanzato le accuse di tentato omicidio nei confronti delle persone antifa che si erano consegnate alla polizia in Germania.
Gli avvocati degli imputati hanno dichiarato: “Il Procuratore Generale ignora deliberatamente anche la valutazione giuridica già effettuata dal Giudice Istruttore presso la Corte Federale di Giustizia. Il Giudice si era rifiutato di emettere mandati d’arresto per tentato omicidio perché non vi erano sospetti di tale reato: nessuno dei/delle nostr* client* è quindi in custodia cautelare con questa accusa. Il fatto che il Procuratore Generale presuma comunque l’intento omicida è preoccupante e fa temere che ciò sia motivato politicamente“. Questo avviene in un contesto dove in alcune parti della Germania fino al 40% della popolazione vota AfD e neonazisti militanti hanno piena libertà di azione, infatti la Corte d’Appello di Düsseldorf lo sottolinea. Essendo che la maggior parte delle persone imputate ha legami sociali a Jena, ci si sarebbe aspettati un atto di accusa pure lì, dal momento che molti delle persone imputate non presenti a Budapest hanno legami in Turingia.
Tuttavia, non vi è alcun collegamento con la Renania Settentrionale-Vestfalia.
Si ha l’impressione che un’incriminazione a Jena sia stata deliberatamente evitata, poiché minacce e attacchi da parte delle forze di destra sono all’ordine del giorno in questa regione. Date le circostanze, la questione della legittimità di un’incriminazione così esagerata si porrebbe in modo molto concreto dinanzi al Tribunale Regionale Superiore di Jena. Il Procuratore Generale Federale sembra inoltre voler evitare un processo in una città in cui le persone imputate possono contare sul sostegno delle loro famiglie, dei loro amici e sull’ampia solidarietà antifa, come è accaduto di recente in occasione di una manifestazione di 10.000 persone a Jena.