Continua l’accanimento contro il nostro compagno Rexhino, detto “Gino”, Abazaj. Abbiamo appena appreso del suo arresto e del suo collocamento in regime di custodia cautelare, ancora una volta nell’ambito della cosiddetta “vicenda di Budapest”. Attualmente si trova in cella presso i locali della sottodirezione antiterrorismo, a Levallois-Perret. Domani sarà presentato davanti a un giudice della Corte d’Appello di Parigi, che deciderà sul suo destino.Gino rischia ora di essere nuovamente rimandato in carcere o, peggio ancora, di essere estradato verso l’Ungheria, nonostante la Corte d’Appello avesse deciso lo scorso aprile contro l’applicazione del mandato d’arresto europeo e lo avesse liberato senza condizioni, riconoscendo così il carattere autoritario della giustizia ungherese.Ebbene, ci saremmo anche stufatə. Deportazione e segregazione sembrano essere le caratteristiche irrinunciabili della nuova Europa di guerra. Dall’ Ungheria alla Francia fino all’ Italia, ogni persona che osa mettere in luce la natura fascista e genocida degli Stati “democratici”, è a rischio di vedersi sottratta la libertà. Se questa persona è non appartenente alla “comunità europea”, il ricatto è doppio. La misura è colma: chiamiamo un presidio giovedì 18 alle ore 18.30 davanti al consolato francese, e annunciamo l’ inizio di una mobilitazione permanente e determinata finché le autorità ungheresi ed europee non leveranno le loro mani unte da Gino, da Maja, da Gabri, da tutte le compagne e i compagni antifa e da tutte e tutti i prigionieri politici.
Se l’Europa chiede la mobilitazione, mobilitazione avrà

